Isolate nell'aria goccioline di virus Covid-19 "infettive" | Salute
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Isolate nell'aria goccioline di virus Covid-19 "infettive"

La ricerca in un ospedale in Florida dove la distanza tra pazienti Covid era di circa 2-4 metri e l’ambiente aveva sei ricambi d’aria all’ora. La domanda è: tali goccioline possono provocare contagi?

Isolate nell'aria goccioline di virus Covid-19 "infettive"
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18 Agosto 2020 - 13.41


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Lo studio è ancora in fase di revisione ma i primi risultati riaprono il dibattito sulla permanenza del virus di Covid-19 nell’aria. Un team di ricercatori dell’Università della Florida ha isolato goccioline di virus infettive.

Il gruppo  raccolto campioni d’aria in una stanza in cui erano ricoverati pazienti Covid dell’Health Shands Hospital: nessuno di loro era stato sottoposto a pratiche mirate a generare aerosol (come, per esempio, la broncoscopia). La sequenza del genoma del virus isolato è risultata uguale a quella del tampone di un paziente sintomatico appena ospitalizzato. Ogni paziente era distante dagli altri: circa 2-4 metri. Occorre anche specificare che l’ambiente aveva sei ricambi d’aria all’ora e risultava dotato di filtri, radiazioni ultraviolette e altre misure di sicurezza capaci di inattivare il virus: tali misure spiegherebbero perché siano state campionate solo 74 particelle virali per litro di aria. Gli scienziati sottolineano che, in spazi con minore ventilazione e mancanza di misure anti-contagio, le particelle potrebbero risultare maggiori.

Gli esperti non sono ancora concordi sul fatto che l’aerosol disperso possa avere un ruolo nella diffusione del Covid-19. Rimane da chiarire se la quantità di virus isolato possa essere sufficiente a provocare contagio. “Non sono certa che i numeri siano abbastanza alti da provocare l’infezione di qualcuno. La sola conclusione che può essere tratta dallo studio è che è possibile coltivare virus vitali campionati in aria: ammetto che non è poco”, ha dichiarato al NYT Angela Rasmussen, virologa della Columbia University di New York.

Qui il link per leggere lo studio dei ricercatori dell’Università della Florida.
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.08.03.20167395v1

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