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Rotigotina: un vecchio farmaco dà speranze contro l'Alzheimer

Uno studio condotto dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, col supporto della statunitense Alzheimer's Drug Discovery Foundation: il farmaco offre nuove possibilità terapeutiche

Rotigotina: un vecchio farmaco dà speranze contro l'Alzheimer
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20 Luglio 2020 - 16.14


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In un farmaco già in uso per il Parkinson, la rotigotina, una possibilità terapeutica per i malati di Alzheimer: secondo lo studio clinico pubblicato sulla rivista JAMA Network, la sostanza produce un miglioramento delle funzioni cognitive nei pazienti con Alzheimer lieve o moderata aprendo a una nuova opzione farmacologica.
Lo studio è stato svolto presso l’ospedale di neuroriabilitazione della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, col supporto della statunitense Alzheimer’s Drug Discovery Foundation. Condotto da Giacomo Koch, Direttore del laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale del Santa Lucia, in collaborazione con Alessandro Martorana dell’Università di Roma Tor Vergata, il trial ha coinvolto 94 pazienti di età compresa tra 55 e 83 anni.
La rotigotina è un farmaco che agisce sul funzionamento del neurotrasmettitore dopamina. I trattamenti in uso per l’Alzheimer agiscono sul neurotrasmettitore acetilcolina, ma secondo recenti studi la dopamina funziona a sua volta migliorando le abilità di ragionamento, le cosiddette funzioni esecutive, o funzioni cognitive superiori.
Nel trial, la rotigotina (somministrata attraverso la pelle con un cerotto) ha migliorato le funzioni esecutive, fondamentali per il ragionamento, il giudizio, la memoria di lavoro e l’orientamento. Ha inoltre migliorato la loro capacità di svolgere le attività quotidiane di routine come lo shopping, la pianificazione, l’igiene personale e l’alimentazione. Questo significa preservare la loro indipendenza più a lungo e ridurre l’onere per gli operatori sanitari.
“Questo studio mostra che i pazienti con Alzheimer possono trarre beneficio dalle combinazioni di farmaci che migliorano le funzioni cerebrali interagendo con diversi sistemi di neurotrasmettitori – afferma Koch – e potrebbe aprire a nuove opzioni terapeutiche per ritardare l’insorgenza della demenza di Alzheimer in fase precoce, quando le funzioni cognitive e le capacità di vita quotidiana dei pazienti sono solo lievemente compromesse”

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