Molnupiravir, la molecola che uccide Covid-19: dubbi, test sull'uomo e speranze | Salute
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Molnupiravir, la molecola che uccide Covid-19: dubbi, test sull'uomo e speranze

Cosa sappiamo a oggi del farmaco che funziona coi furetti? Gli studi clinici sui pazienti sono in fase tre ma stranamente non ci sono dati, l'India si appresta a sperimentarlo, perplessità in Italia

Molnupiravir, la molecola che uccide Covid-19: dubbi, test sull'uomo e speranze
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8 Dicembre 2020 - 11.44


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Tra le prime a twittare in Italia “incrociando le dita” c’è l’immunologa di Padova, Antonella Viola, Che parla di “belle notizie dai laboratori”. Non è la sola a parlare di Molnupiravir, moltissimi ricercatori, medici, scienziati commentano sui social il successo di una molecola antivirale – Mk-4482/Eidd-2801, nome farmacologico Molnupiravir – che tra i furetti sembrerebbe in grado di bloccare la trasmissione del virus Sars-coV-2 in 24 ore. La scoperta si deve ai ricercatori della Georgia State University guidati da Richard Plemper, e ha mostrato buoni risultati non solo nella fase iniziale della Covid-19 ma anche contro altri virus a Rna. Gli scienziati hanno condotto lo studio su alcuni furetti infettati con Sars-CoV-2 somministrando loro il farmaco orale due volte al giorno. “Abbiamo testato l’efficacia del molnupiravir a scopo terapeutico per attenuare l’infezione e bloccarne la trasmissione – spiega Robert Cox, co-autore dello studio – scegliendo questi animali perché trasmettono facilmente il virus ma hanno dei sintomi clinici minimi e ciò è molto simile a quanto accade nella propagazione del virus nell’uomo tra i giovani adulti”. I test hanno dimostrato che la molecola ha impedito un’evoluzione di Covid-19 verso una forma grave ed è stata in grado di bloccare la trasmissione del virus in 24 ore. Il farmaco, che in realtà è un profarmaco (diventa “attivo” una volta ingerito), tecnicamente è un inibitore di ribonucleoside analogo, che colpisce i virus a RNA come il coronavirus.

Con un antivirale di questo di tipo, per giunta in forma orale, scrivono i ricercatori: “si potrebbe arrestare la progressione della malattia, senza farla sfociare nella forma grave e potenzialmente letale; in secondo luogo si accorcerebbe in modo significativo l’intervallo di tempo in cui si risulta infettivi, favorendo così una rapido ritorno in comunità con benefici sociali, psicologici ed economici non indifferenti; infine, permetterebbe di spegnere sul nascere eventuali focolai, contenendo l’epidemia locale” e favorendo ovviamente l’azione di un vaccino, la cui distribuzione è ormai imminente.

Furetti a parte, il Molnupiravir viene testato sull’uomo da alcuni mesi, e da ottobre è stato avviato uno studio clinico di Fase 2 e 3 da parte della Merck, il gigante dell’industria farmaceutica,  che vede coinvolti pazienti ospedalizzati. La sperimentazione si concluderà il 30 dicembre ma ancora non ci sono notizie su come stanno procedendo i test. Mancano nella sostanza i cosiddetti “dati intermedi”, quelli che vengono pubblicati durante i mesi di sperimentazione quando stanno emergendo risultati significativi.

Tuttavia la decisione di condurre studi clinici sull’uomo “immediatamente” è stata presa in India dal Consiglio della ricerca scientifica e industriale (CSIR). Shekhar Mande, direttore generale CSIR, ha dichiarato a The Indian Express che si tratta di uno sviluppo entusiasmante. “I ricercatori negli Stati Uniti hanno dimostrato come la trasmissione sia bloccata nei furetti. È come qualsiasi altro farmaco antinfluenzale ed era nella nostra lista di farmaci da sottoporre a sperimentazione clinica. Lo riprenderemo presto”.

Frena gli entuasismi Filippo Drago, docente di Farmacologia e Direttore dell’Unità farmacologica clinica del Policlinico di Catania che intervistato dal Corriere della Sera invita alla prudenza: «Il fatto che il farmaco abbia un’efficacia straordinaria sui furetti non vuol dire che funzioni anche sugli uomini. Ricordiamoci che il Remdesivir aveva un’efficacia molto superiore sugli animali, ma abbiamo visto di recente che in realtà non risulta particolarmente efficace nei casi gravi che riguardano gli umani».

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