La salute mentale, da tempo trascurata e sottofinanziata dai governi di tutto il mondo, ha ricevuto il colpo di grazia con la pandemia. L’assurdità è che proprio quando i disturbi mentali aumentano, i servizi sanitari a loro dedicati diminuiscono.
A denunciarlo sono gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, dopo aver valutato l’impatto dell’epidemia di Covid-19 sui servizi di salute mentale in 130 Paesi, hanno scelto l’aggettivo “devastante” come il più indicato per descrivere lo scenario.
Nel 93 per cento delle nazioni monitorate i pazienti con disturbi mentali sono praticamente stati abbandonati a loro stessi. I centri di riferimento, quando non sono stati chiusi del tutto, hanno drasticamente ridotto le attività.
I risultati dell’indagine vengono diffusi in vista del Big Event for Mental Health, il grande evento on line dell’Oms previsto per il prossimo 10 ottobre a cui parteciperanno leader politici e varie celebrità con l’obiettivo di spingere i Paesi a investire di più sulla salute mentale in epoca di Covid-19. In Italia gli utenti psichiatrici assistiti sono 837.027 (mancano i dati della Provincia autonoma di Bolzano), con il 53,8% dei casi di sesso femminile e con il 68,3% di pazienti al di sopra dei 45 anni. In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni, mentre la più alta concentrazione si ha nella classe 45-54 anni: 25% nei maschi, 23,1% nelle femmine. Queste ultime presentano una percentuale più elevata nella classe degli over-75 (7,5% nei maschi e 12,3% nelle femmine).
Nelle strutture ospedaliere psichiatriche attive pubbliche e private i posti letto di degenza ordinaria sono 4.905, quelli di Day Hospital 311. Nel 2019 la dotazione complessiva del personale all’interno delle unità operative psichiatriche pubbliche è di 28.811 persone. Sembrano numeri importanti, ma riescono raramente a far fronte all’emergenza psichiatrica quotidiana che quasi sempre ricade sulle famiglie.