Anche noi profani abbiamo imparato che Sars-CoV-2 usa il recettore ACE2 come un passepartout: attraverso questa porta entra nlle cellule e iniziare a replicarsi nell’organismo. Ci sono però due nuovi studi, di cui dà conto anche il Corriere della Sera, che dimostrano l’esistenza di un’altra “serratura” che potrebbe garantire al virus l’accesso a numerosi tessuti, cervello incluso.
Scrive il quotidiano di via Solferino: “Si tratta di una proteina presente sulla superficie cellulare, chiamata neuropilina-1 (NRP1). E Sars-CoV-2 non è l’unico virus a usare la neuropilina per entrare nelle cellule”.
La scoperta è stata fatta da due team di ricercatori europei, che lavorano in modo indipendente. Le ricerche sono state realizzate in quattro laboratori, tra Finlandia, Germania, Inghilterra e Australia. Gli studiosi hanno individuato quale parte del virus si “attacca” al recettore NRP1 (e questo rappresenta un possibile nuovo bersaglio per farmaci antivirali) e verificato che esiste un anticorpo in grado di interrompere il legame, riducendo potenzialmente l’infezione.
Il primo studio, pubblicato su BiorXive e ancora in attesa di verifiche, è stato condotto dall’Università di Bristol, sotto la guida di James L. Daly e da Yohei Yamauchi, e ha individuato la parte del virus in grado di attaccarsi a NRP. Il secondo studio, che ha verificato l’esistenza di un anticorpo in grado di bloccare il legame, invece, è stato portato a termine da un gruppo di scienziati di cui fa parte anche il palermitano Giuseppe Balistreri, siciliano, giovane professore aggiunto di Virologia molecolare all’Università di Helsinki, in Finlandia.
Le ricerche effettuate dal team di cui fa parte il professor Balistreri sembrano aver portato anche ad un’altra importante scoperta, grazie agli studi fatti per simulare l’arrivo del virus nel naso: “Abbiamo costruito una nanoparticella sintetica della stessa forma e dimensione di Sars-CoV-2 e rivestita da pezzi di proteine, peptidi, che si legano alla neuropilina. Quando l’abbiamo inserita nel naso di topi anestetizzati il risultato è stato sorprendente: due ore dopo le nanoparticelle erano arrivate al cervello, prima nel bulbo olfattivo e da lì alla corteccia celebrale”. Inoltre, tracce di Sars-CoV-2 sono state trovate anche “nei progenitori dei neuroni dell’olfatto”, che esprimono “alti livelli di neuropilina-1”. Questo significa che il recettore potrebbe favorire l’accesso del virus al cervello.
Tutto questo indica che la NRP1 potrebbe diventare il bersaglio delle terapie anti Covid-19. “Noi abbiamo isolato un anticorpo nei topi- spiega l’esperto- bloccando la neuropilina con questo anticorpo, l’infezione in cellule umane si è ridotta del 40-45% perché al virus è rimasta solo una possibilità di accesso alle cellule, quella rappresentata da ACE2”. Non si tratta, però, di una nuova cura, perché il blocco del recettore potrebbe portare a gravi effetti collaterali.