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Vaccino russo, tutti i dubbi (al momento) della comunità scientifica internazionale

La Russia ha registrato il vaccino Sputnik V come sicuro ed efficace per la produzione e l'inoculazione di massa prima di aver compiuto i test di sicurezza su larga scala di fase 3 che richiedono mesi.

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11 Agosto 2020 - 16.42


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Al di là della battaglia delle bandierine, l’importante è che funzioni davvero perché il Covid-19 non si combatte con gli slogan ma proteggendo le persone.

La corsa alla ricerca di un vaccino contro il Covid-19 non è stata particolarmente edificante in questi mesi, guidata in alcuni casi da uno spirito nazionalista, contro cui ha messo in guardia ripetutamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità, motivato non solo dall’attenzione per la sanità pubblica mondiale, ma molto spesso dagli interessi personali e dalla ricerca di prestigio nazionale.

Sembra rientrare in questa casistica l’annuncio della Russia, che ha registrato il suo vaccino Sputnik V come sicuro ed efficace per la produzione e l’inoculazione di massa prima di aver compiuto i cosiddetti test di sicurezza su larga scala di fase 3, che di solito richiedono mesi.

Se tutto il mondo agogna di tornare alla normalità pre-pandemia, un vaccino è una luce in fondo al tunnel: ma è davvero così? In realtà, spiegano gli esperti, non tutti i vaccini sono ugualmente efficaci. Alcuni, come le varie versioni del vaccino anti-influenzali stagionale, sono quantomeno mediocri in termini di protezione garantita, altri, eccellenti, ad esempio quello antipolio messo a punto da Jonas Salk egli anni Cinquanta, hanno impiegato tempi lunghi per fornire un’immunità estesa a tutta popolazione.

Finora, nonostante le affermazioni spesso aneddotiche dei funzionari russi, la vicenda del vaccino russo – quali che siano le sue efficacia e sicurezza reali – è stata segnata da una preoccupante opacità e da dubbi etici.

Come ha affermato alla fine di maggio l’Associazione russa delle organizzazioni di sperimentazione clinica – dopo che il numero uno dell’Istituto Gamaleya aveva detto che lui e i suoi colleghi avevano provato il vaccino su loro stessi – i primi test hanno rappresentato una “grossolana violazione” delle norme sulla ricerca da parte di scienziati sottoposti a un’immensa pressione per “favorire il potere”.

Anche i test sui volontari, compresi membri delle forze armate, hanno sollevato questioni etiche, ad esempio se alcuni fossero stati messi sotto pressione per partecipare al trial o si fossero sentiti costretti a non descrivere gli effetti collaterali, alla luce della diversità di risposte tra militari e civili.

E ora Mosca ha deciso di procedere alla produzione di massa del vaccino senza aver completato la fase 3 dei test, un passaggio che serve a verificare l’efficacia del vaccino in un campione quanto più ampio possibile e a valutare effetti collaterali rischiosi. Ma soprattutto non si sa quasi nulla sull’effettiva utilità del vaccino.

Gli scienziati russi hanno espresso la speranza che la risposta anticorpale possa durare fino a due anni, pur in assenza di prove decisive a sostegno. In effetti, poco si sa su quanto tempo durano gli anticorpi contro il coronavirus nel corpo, quale protezione conferiscono o per quanto tempo. Nè è chiara la protezione che fornirà ai più vulnerabili. Esiste il pericolo che un vaccino solo parzialmente efficace dia ai governi e alle persone la falsa speranza che la pandemia sia quasi finita e provochi una revoca troppo frettolosa delle misure di confinamento e protezione.

Michael Kinch, un esperto nello sviluppo di farmaci, ha dichiarato al Washington Post a proposito del confronto tra lo sviluppo dei primi vaccini Covid-19 e i primi farmaci per l’HIV: “Dobbiamo prepararci all’idea potremmo non avere un vaccino molto buono. La mia ipotesi è che la prima generazione di vaccini possa essere mediocre”.

Esiste poi il problema della sicurezza. Anche il vaccino contro la poliomielite non era privo di problemi di sicurezza: è noto l’incidente di Cutter nel 1955, quando un lotto di vaccino prodotto in modo improprio fece ammalare le persone di polio invece di immunizzarle.

Un cattivo vaccino, invece di aiutare, potrebbe creare diffidenza tra la gente anche nei confronti di vaccini successivi, che potrebbero essere effettivamente efficaci, suggerisce al Guardian Matthew Schmidt, un esperto di Russia all’università di New Haven. “La mia paura è che Putin abbia appena ridotto il numero di persone disposte ad assumere un vaccino. Prendere scorciatoie in un procedimento scientifico danneggia la percezione della sicurezza dei vaccini. Il problema del vaccino russo è che il modo in cui è stato testato mina la fiducia della gente. Anche se funziona, è improbabile che venga ampiamente adottato nel resto del mondo. Il timore che sia pericoloso potrebbe persino alimentare il movimento anti-vaccino e aumentare il numero di persone che si rifiutano di essere vaccinate perché alimenterà teorie del complotto, negli Stati Uniti e altrove”.

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