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Covid-19 fase tre. Epidemiologi già in campo: ecco cosa fare e sapere

Come affrontare la temuta, nuova ondata ? Molte delle risposte, unite ad un'analisi sull'efficacia delle misure già adottate e raccomandazioni al Governo in un lungo articolo degli esperti italiani

Covid-19 fase tre. Epidemiologi già in campo: ecco cosa fare e sapere
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31 Luglio 2020 - 13.05


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Come affrontare la temuta, nuova ondata Covid-19 nei prossimi mesi? Molte delle risposte, unite ad un’analisi sull’efficacia delle misure prese durante le fasi 1 e 2 sono contenute in un lungo articolo pubblicato su Epidemiologia e Prevenzione firmato da Paolo Vineis, docente di epidemiologia ambientale all’Imperial College di Londra, Lucia Bisceglia della Aress (Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale) della Puglia, Francesco Forastiere, direttore scientifico della rivista, Stefania Salmaso, ex direttrice del CNESPS (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute), e Salvatore Scondotto, presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia.

Gli scienziati – tra i massimi esperti nel settore epidemiologico – scrivono: “Il contesto in cui ci troviamo nell’estate 2020 esprime le incertezze della ricerca scientifica e la difficoltà di tradurla in azione politica. Il virus è ancora presente nella popolazione e continuerà a circolare probabilmente per un lungo periodo. Dagli esami sierologici effettuati in diverse popolazioni del Nord Italia risulta che tra il 3% e il 10% della popolazione si è finora infettata, vale a dire il 90-97% è ancora suscettibile al virus, anche se non è chiaro quale proporzione degli immunizzati venga rilevata dai saggi anticorpali su IgM e IgG, né se vi sia un correlato sierologico di protezione. Al Sud la prevalenza è ancora più bassa, uguale o inferiore all’1%.

Il virus non ha subito mutazioni tali da ridurne la pericolosità clinica. Le osservazioni relative a una minore carica virale negli attuali pazienti sono basate sui saggi di amplificazione dell’RNA virale raccolto dai tamponi ed esprimono semplicemente l’effetto del distanziamento sociale; non indicano una minore virulenza clinica, né possono indurre a considerare l’epidemia conclusa. Diversi osservatori (OMS, ECDC) ritengono che una seconda ondata sia probabile in autunno o inverno, legata alle condizioni climatiche e alla reimportazione dell’epidemia da paesi dell’emisfero Sud. Gran parte dei ricercatori sono concordi nel dire che nel migliore dei casi si verificherà nei prossimi mesi in Europa una fase di basso numero di casi, eventualmente intervallata da nuovi picchi. L’entità dei picchi dipenderà unicamente dalla capacità di rispettare le misure individuali e collettive di protezione, dalle attività di monitoraggio quotidiano e dalla capacità di garantire tempestivamente l’individuazione dei casi, il tracciamento dei contatti e l’isolamento dei sospetti. Sempre nell’ambito delle incertezze, non è attualmente chiaro se qualcuno dei vaccini oggi in sperimentazione (circa 200, di cui 14 in sperimentazione nell’uomo) sarà efficace né quando sarà disponibile

Raccomandazioni
In previsione di una eventuale ripresa dell’epidemia dopo l’estate, alla luce anche dei modelli previsionali, si raccomandano le seguenti azioni:

 

Rigorose procedure operative per le diverse componenti della sorveglianza epidemiologica, per uniformare in tutto il Paese la raccolta dei dati e la risposta all’epidemia (inclusa l’unificazione delle schede informative).

Potenziamento di una rete di sorveglianza sindromica (sintomi influenzali) su base nazionale, basata sui medici di medicina generale, i pediatri e gli accessi al Pronto Soccorso.

Predisposizione di una buona comunicazione delle misure dell’andamento epidemico, attraverso un’adeguata dashboard in ogni Regione. La comunicazione deve essere rapida, chiara ed efficace.

Esplorazione di metodi innovativi di identificazione precoce di focolai (es clusters spazio-temporali), in modo da consentire ai Dipartimenti di Prevenzione uno spegnimento immediato – attraverso gli strumenti del tracciamento, isolamento fiduciario e quarantena.

Potenziamento delle capacità diagnostiche, che garantisca un’ottimale e omogenea risposta laboratoristica e un supporto alla ricerca clinica.

Mantenimento di una struttura organizzativa modulare e flessibile nelle ASL, in modo da garantire una risposta efficace in caso di risorgenza dell’epidemia.

Potenziamento delle attività di formazione per la medicina territoriale in modo da garantire una adeguata preparazione per la fine dell’estate (“preparedness”).

Predisposizione di attività di sorveglianza e screening delle popolazioni ad alto rischio, attraverso una combinazione di sierologia e tamponi virologici.

Mantenimento di tutte le misure igieniche e comportamentali (distanziamento, mascherine, sanificazione) con adeguate campagne informative. L’informazione deve mirare a presentare le misure di contenimento dell’epidemia come misure solidaristiche di protezione dei più vulnerabili, in particolare gli anziani, misure su cui vi è un largo consenso tra i ricercatori.

Infine, è opportuno promuovere attività di ricerca di soluzioni alternative al lockdown, nel caso in cui la risorgenza dell’epidemia porti a un numero importante di casi. Il lockdown è una misura estrema, punitiva nei confronti di larghi strati di popolazione (in particolare i giovani), e pertanto altre modalità di contenimento vanno esplorate, sia sul piano etico sia su quello scientifico”.

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