Analizza l’espressione di 21 geni specifici del tumore e definisce la probabilità di risposta alla chemioterapia. Si chiama Oncotype DX, il test molecolare (eseguito su tessuto tumorale) che permette di evitare la chemioterapia nell’80% delle donne con carcinoma mammario in fase iniziale, di tipo ormone-sensibile, negativo alla proteina HER2 e linfonodo negativo, che, dopo la chirurgia, possono essere trattate solo con l’ormonoterapia. Il test è validato con studi clinici ed è disponibile presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, grazie a un accordo siglato con l’azienda produttrice, Exact Sciences.
“Il carcinoma della mammella, nel nostro Paese, è la neoplasia più frequente non solo fra le donne ma in assoluto in tutta la popolazione – afferma Giuseppe Tonini, Direttore Oncologia Medica Università Campus Bio-Medico -. Nel 2019, sono stati stimati 53.500 nuovi casi. Il trattamento chemioterapico adiuvante, cioè dopo l’intervento chirurgico, riduce il rischio di recidiva ed è tradizionalmente basato sulle caratteristiche della paziente e del tumore. La maggior parte delle donne con carcinoma della mammella presenta una malattia in fase iniziale, locale o localmente avanzata, che esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2. In questi casi, dopo la chirurgia, la terapia prevede il trattamento endocrino, che può essere associato a chemioterapia nei casi ritenuti a maggior rischio di recidiva.
Le stime indicano che oltre il 50% delle donne operate per carcinoma mammario in fase iniziale riceve un trattamento chemioterapico dopo l’intervento, anche se solo una percentuale inferiore beneficia realmente di questa strategia terapeutica”.