L'oncologo Bizzarri: "Covid non è il male assoluto, va mantenuta la razionalità"

Il docente di patologia clinica alla Sapienza: "Dobbiamo distinguere l’allarme dall’allarmismo. Una corretta valutazione del pericolo comporta che le scelte vengano fatte nei tempi giusti".

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26 Novembre 2020 - 18.04


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di Antonello Sette

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Bizzarri, oncologo, saggista, pensatore libero spesso controcorrente. Il Governo passa dalla preoccupazione estrema, dallo state attenti che moriamo tutti al tana liberi tutti.  Magari solo perché è tempo di vacanze. Lei che cosa pensa del delirio in corso?

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Dobbiamo distinguere – spiega il docente di Patologia clinica dell’Università “La Sapienza” rispondendo all’Agenzia SprayNews – l’allarme dall’allarmismo. Una corretta valutazione del pericolo comporta che le scelte vengano fatte nei tempi giusti.

Non è andata così?

Avremmo dovuto chiudere molto prima, quando elementi certi di allarme erano già sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Il Governo, ed anche le Regioni, hanno assunto decisioni solo sull’onda di reazioni emotive. Sollecitate, in un senso o nell’altro, dalla stampa. 

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Quando si sarebbe dovuti intervenire?

Il 5 gennaio c’erano già elementi sufficienti per assumere decisioni.  Una circolare del Ministero della Salute parlava di una polmonite interstiziale pericolosa, proveniente dalla Cina e c’erano già stati otto allarmi lanciati da Taiwan all’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale purtroppo ha dato, e continua a dare, indicazioni controverse e contradditorie, che hanno disorientato gli Stati membri. Il 5 gennaio bisognava già pensare all’attuazione del piano antipandemia, già esistente, in una stesura scientificamente dettagliata ed esaustiva, dall’anno di grazia 2006. Diceva quel piano che bisognava da subito cominciare a fare scorta di ventilatori e di mascherine. Noi, invece, abbiamo regalato vagonate di mascherine alla Cina.

Quali altri errori sono stati commessi?

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Il più grave è stato quello di non consentire l’effettuazione delle autopsie. Se le avessimo eseguite sin da subito, avremmo capito che ci trovavamo di fronte, non a una insufficienza di reazioni immunitarie, ma a un loro aumento eccessivo e non regolato. Da qui, la necessità di ricorrere, come rimedio, al cortisone. Abbiamo perso molto tempo, prima di applicare un protocollo di cura adeguato. 

Altri errori?

Non si è pensato, sin dallo scoppio della pandemia, a una macchina sanitaria, integrata nel territorio, che restituisse dignità al ruolo dei medici di base. Sarebbe stato, in primo luogo, necessario, garantire loro lo scudo penale, per non costringerli a lavorare, in una situazione così drammatica, con la spada di Damocle di una denuncia e di un processo.  E, contemporaneamente, si sarebbero dovute stabilire linee guida per la cura, che ancora oggi, mentre le parlo, non esistono. Linee guida, di cui hanno parlato Matteo Bassetti, e da ultimo, Giuseppe Remuzzi, in un’intervista al Corriere della Sera. Dovevano, e da tempo, essere ascoltati. Sono i medici che esercitano il loro mestiere sul campo, a diretto contatto con il malato, gli unici che hanno il polso della situazione.

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Chi è che non ha il polso della situazione e, invece, pretende di decidere?

La cabina di regia, predisposta dal Governo, è in mano al Comitato Tecnico Scientifico, dove venti componenti su venticinque sono burocrati, provenienti dalle diverse amministrazioni. Non sono scienziati. E dei cinque che restano, non ce n’è uno, che sia un infettivologo o un rianimatore, neppure uno abituato a lavorare sul campo. E poi, un’ultima cosa…

Che cosa altro non le va bene?

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La strategia comunicativa, improntata al terrore al punto che talvolta scade nel ridicolo. Come quando vedo persone, che lamentano in tv dolori alle ossa. Non si può fare del Covid il male assoluto, come se fosse un’entità metafisica. La razionalità non va mai persa. Se noi accostiamo il Covid alla Spagnola, che in un mondo di soli due miliardi di persone, ha prodotto dai cinquanta agli ottanta milioni di morti, al Covid, che ne ha contati solo un milione, se intervistiamo persone, che si lamentano di un dolore umano, che precede il Covid di qualche millennio, incutiamo paure e reazioni elementari e cieche, sguinzagliando una bestia, che sarà poi difficile domare. 

La centralità del Covid produrrà molti danni collaterali?

Purtroppo sì. Danni sanitari e danni sociali, che non sono solo quelli economici. Dal punto di visto sanitario, noi, in questi mesi, abbiamo dimenticato che ogni anno muoiono in Italia trecentomila persone di cancro e   quattrocentoventimila di malattie cardiache. Chi è affetto da queste gravi patologie, che possono portare alla morte, da febbraio a oggi ha saltato controlli e magari ha visto dilazionato il trattamento chirurgico. Temo, insomma, che pagheremo un conto pesante, oltre e per “colpa” del Covid.

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Danni sociali? Il mondo dopo il Covid non sarà lo stesso di prima?

La gestione di questa pandemia ha creato i presupposti di una modifica irreversibile della società. Ci vogliono far credere che è possibile lavorare a distanza, che bisogna introdurre quello che, guarda caso, hanno chiamato il distanziamento sociale. Perché non l’hanno chiamato distanziamento fisico? Introdurre il concetto di distanziamento sociale crea una ferita al cemento, che tiene unita una società. Sono danni incalcolabili, d cui purtroppo ci renderemo conto più in là, a cose fatte, senza potere azzerare niente e tornare indietro. Là dove eravamo. E a come eravamo.

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