Il mistero dei pazienti Covid-19 guariti ma che restano positivi ai test

A questa categoria di soggetti è stato dedicato uno studio realizzato dalla Fondazione Gemelli e dall'Università Cattolica di Roma. Sotto esame 176 pazienti guariti e di nuovo positivi dopo 50 giorni

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13 Novembre 2020 - 18.22


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E’ un problema drammatico, uno dei tanti misteri che accompagna Covid-19: quello che riguarda le persone che hanno contratto il virus, sono guarite ma dopo un periodo più o meno breve sono risultate nuovamente positive. A questa categoria di pazienti è stata dedicata una ricerca realizzata dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dell’Università Cattolica campus di Roma e pubblicata su su JAMA Internal Medicine.

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«Al momento non è dato sapere se questi pazienti siano contagiosi e vadano dunque di nuovo quarantenati, perché il test molecolare non è l’equivalente di una coltura virale e, dunque, non consente di appurare se nel campione prelevato dal naso-faringe dei pazienti sia presente virus vitale e, di conseguenza trasmissibile», spiega Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica e direttore del Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS.

Lo studio è stato effettuato su 176 pazienti guariti dal Covid-19 e seguiti da aprile a giugno presso il Day Hospital post-Covid della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. La guarigione era stata valutata sulla base dei seguenti criteri sulla base dell’assenza di febbre per 3 giorni consecutivi, del miglioramento degli altri sintomi e di 2 tamponi molecolari per SARS-CoV-2 negativi a distanza di 24 ore uno dall’altro. Nel corso del follow up (effettuato a distanza di circa 50 giorni dalla diagnosi di Covid-19), i campioni naso-faringei di questi pazienti sono stati analizzati per la presenza sia dell’RNA virale totale (genomico) sia dell’RNA virale replicativo (subgenomico).

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Tra i 176 pazienti guariti, 32 (quasi 1 su 5) sono risultati positivi per l’RNA totale di SARS-CoV-2, seppure a livello variabile. Solo uno di questi, tuttavia, è risultato positivo anche per l’RNA replicativo di SARS CoV-2. Sono stati rianalizzati i campioni ottenuti dai pazienti al momento della malattia e, come previsto, sono risultati tutti positivi per l’RNA replicativo di SARS-CoV-2».

«Questo studio conferma l’utilità di eseguire un accurato follow up dei pazienti guariti da Covid-19 e rafforza il concetto che le reinfezioni nei pazienti guariti sono rare», conclude Sanguinetti. «Sebbene in presenza di positività al test molecolare ‘convenzionale’ (che rileva l’RNA totale di SARS-CoV-2). Pertanto, la ricerca dell’RNA replicativo di SARS-CoV-2 potrebbe aiutare a risolvere il dilemma circa la reale infettività dei pazienti guariti da Covid-19 che ritornano a essere positivi per l’RNA di SARS CoV-2».

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