Così inquinamento e polveri sottili trasformano Covid-19 in un killer spietato

In media il 15 per cento circa dei decessi da infezione da Sars-Cov-2 nel mondo potrebbe essere imputabile all'inquinamento. I dati più alti in Europa: in testa l'aria insalubre della Repubblica Ceca

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2 Novembre 2020 - 14.25


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Secondo i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Cardiovascular Research in media il 15 per cento circa dei decessi per Covid-19 nel mondo potrebbe essere imputabile all’aria inquinata. Più precisamente: può essere attribuito alle polveri sottili il 19 per cento dei decessi in Europa, il 17 per cento di quelli nell’America del Nord e il 27 per cento nell’Asia orientale.

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Non si può escludere che esista una relazione diretta tra l’inquinamento e le morti per Covid, dicono i ricercatori, ma l’ipotesi più plausibile è che l’impatto sulla mortalità delle polveri sottili avvenga in maniera indiretta compromettendo la salute cardiovascolare o respiratoria ed esponendo così le persone a rischi maggiori nel caso di contagio da nuovo coronavirus.

I ricercatori hanno raccolto i dati epidemiologici degli studi condotti in Cina sull’epidemia di Sars del 2003 e i risultati di indagini più recenti condotte negli Stati Uniti e in Italia sull’attuale pandemia (con dati raccolti fino a giugno 2020). Questi dati sono stati poi messi a confronto con quelli del monitoraggio satellitare delle polveri sottili.

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Nella repubblica Ceca le polveri sottili hanno contribuito al 29 per cento dei decessi, in Cina al 27 per cento, in Germania al 26 per cento, in Francia e negli Usa al 18 per cento, in Italia al 15 per cento, nel Regno Unito al 14 per cento. I Paesi dove l’inquinamento ha avuto il minore impatto sulle morti per Covid sono Israele (6%), Australia (3%) e Nuova Zelanda (1%).

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