Troppi farmaci in gravidanza: il 73% delle donne ne ha fatto uso

Report dell'Agenzia Italiana del farmaco. I principi attivi maggiormente utilizzati sono l’acido folico, il progesterone e gli antibiotici. Questi ultimi due non sempre raccomandabili per le donne incinte

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1 Ottobre 2020 - 17.38


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Il 73,1% delle donne ha ricevuto almeno una prescrizione durante la gravidanza, il 57,1% nei tre trimestri precedenti la gravidanza e il 59,3% nei tre trimestri successivi al parto. È quanto riporta il primo rapporto che Aifa dedica specificamente all’uso dei farmaci in gravidanza. Le Regioni coinvolte nello studio, rappresentative delle diverse aree geografiche del Paese, sono: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Puglia e Sardegna. Sono state incluse nello studio le donne di età compresa tra i 15-49 anni che hanno avuto un parto tra il 1° aprile 2016 e il 31 marzo 2018 (pari al 59% dei parti).

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I farmaci più prescritti in gravidanza rientrano nella categoria terapeutica del sangue e degli organi emopoietici (47,9%, con un picco di prevalenza nel primo trimestre). Seguono gli antimicrobici per uso sistemico (33,2%), i farmaci del sistema genito-urinario e ormoni sessuali (20,8%), i farmaci attivi sul sistema gastrointestinale e metabolismo (12,1%) e i preparati ormonali sintetici, esclusi ormoni sessuali (11,2%).

I quattro principi attivi maggiormente utilizzati in gravidanza sono l’acido folico (34,6%), il progesterone (19%), il solfato ferroso (18,8%) e l’amoxicillina/acido clavulanico (11,5%); i primi due con un utilizzo più concentrato nel primo trimestre, che decresce significativamente nel secondo e nel terzo, il solfato ferroso soprattutto nel terzo trimestre e l’amoxicillina/acido clavulanico stabile nel corso della gravidanza.

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Il Report segnala però come i farmaci a “maggior rischio di inappropriatezza prescrittiva sono i progestinici per la prevenzione dell’aborto spontaneo e gli antibiotici, quest’ultima in parte determinata dalla profilassi antibiotica per l’accesso alla diagnosi prenatale invasiva, pur in assenza di raccomandazioni condivise che la sostengano”.

Anche “il trend prescrittivo dell’acido folico, seppur con una verosimile sottostima del consumo reale per la disponibilità di prodotti acquistabili anche senza prescrizione medica, non sembra in linea con le raccomandazioni nazionali e internazionali. Queste sostengono la supplementazione quotidiana con acido folico nelle donne che programmano la gravidanza o non ne escludono la possibilità fin da prima del concepimento, per la prevenzione primaria dei difetti del tubo neurale”.

Come al solito emerge una variabilità regionale nell’impiego dei farmaci che però “è maggiore durante la gravidanza, mentre è più ridotta nei mesi che precedono e seguono la gravidanza”. Complessivamente sono Lombardia e Veneto a mostrare le percentuali minori di prescrizione di farmaci in gravidanza in tutti i trimestri, e per tutte le Regioni si osserva un trend prescrittivo crescente all’aumentare dell’età materna.

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Ma c’è anche una differenza tra le donne italiane e le straniere. “Le cittadine straniere hanno registrato complessivamente una prevalenza d’uso di farmaci minore rispetto alle italiane”.

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