Vitamina D per prevenire il Covid-19? Ancora troppi pochi studi

Che la vitamina D abbia effetti protettivi contro le infezioni respiratorie acute è noto da tempo. Che possa essere agente preventivo è tutto da dimostrare. Ma perché non provarci? Anche con la dieta

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13 Agosto 2020 - 10.48


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L’interesse per un potenziale ruolo della vitamina D nella prevenzione o nel trattamento delle infezioni respiratorie acute risale agli anni ’30, quando si studiava l’olio di fegato di merluzzo come mezzo per ridurre l’assenteismo degli operai in fabbrica dovuto al comune raffreddore. Una serie di studi condotti dal 2007-2020 rivelano effetti protettivi della vitamina D contro le infezioni respiratorie acute, sebbene questi effetti sembrino di dimensioni modeste.
La sovrapposizione tra fattori di rischio per COVID-19 grave e carenza di vitamina D, tra cui obesità, età avanzata e origine etnica nera o asiatica, ha portato alcuni ricercatori a ipotizzare che l’integrazione di vitamina D potrebbe essere promettente come agente preventivo o terapeutico per COVID -19.
Secondo lo studio pubblicato su The Lancet e firmato da Adrian R. Martineau e Nita G. Forouhi ci sono buone ragioni per ipotizzare che la vitamina D modula favorevolmente le risposte alla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), sia nella fase viremica iniziale che in quella successiva iperinfiammatoria di COVID-19. È noto da tempo che i metaboliti della vitamina D supportano i meccanismi antivirali. 

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Gli studi epidemiologici che indagano i legami tra i livelli circolanti di 25-idrossivitamina D e l’incidenza e la gravità del COVID-19 sono attualmente in numero troppo limitato. Ad oggi sono stati registrati numerose ricerche in ambito ospedaliero, ma potrebbe rivelarsi difficile rilevare un segnale per l’integrazione di vitamina D nel COVID-19 grave soprattutto perché i pazienti tendono a presentarsi in ospedale nella fase iperinfiammatoria della malattia, quindi potrebbe essere troppo tardi per beneficiare di eventuali effetti antivirali indotti dall’integrazione di vitamina D. In attesa dei risultati di tali studi, non sembra controverso promuovere con entusiasmo gli sforzi per ottenere una maggiore assunzione di vitamina D che come è noto aiuta la salute delle ossa e dei muscoli. Se anche fosse una semplice ipotesi, quella della vitamina D come potenziale barriera al Covid-19, non c’è niente da perdere e potenzialmente molto da guadagnare.

Qui il link per leggere tutto l’articolo. https://www.thelancet.com/journals/landia/article/PIIS2213-8587(20)30268-0/fulltext

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